Inarrestabile la scalata al botteghino dell’ultimo film di Checco Zalone Tolo Tolo, il più visto anche nellʼultimo weekend, con un incasso che si aggira sui 42 milioni a solo 2 settimane dall’uscita. Il vero successo di Zalone è però nei dibattiti che ha scatenato, sui vecchi media quanto su quelli digitali: un film italiano che in tempi di cambio di paradigma restituisce la centralità del mezzo cinematografico come perno del dibattito culturale, come accadeva negli anni d’oro della cinefilia e del cinema d’autore (i ’60 e i ’70). Secondo Federico Giordano, esperto di cinema e docente dell’Università Telematica San Raffaele Roma: “con questo film Zalone si consacra alla cultura alta. Superate le perplessità iniziali per la sua origine televisiva, la sua evidente mancanza di correttezza politica e le opinioni divergenti sui film precedenti, in questo caso nessuno ha dubbio di trovarsi di fronte a un film d’autore”. In alcune recensioni, infatti, il comico Checco Zalone cede il posto al vero nome dell’attore e per la prima volta regista, ossia Luca Medici.

La regia di Zalone

Il cambio di regia, rispetto ai precedenti film diretti da Gennaro Nunziante, è lampante nella retorica visiva: meno convenzionale nella collocazione della macchina da presa e nella scelta degli effetti speciali.  “Ne viene fuori un film certamente meno compatto e lineare linguisticamente, ma più mosso e moderno da un punto di vista linguistico, pur mantenendo la chiarezza e la comprensibilità da film di cassetta” prosegue Giordano. È un film comico ma anche politico; è un prodotto industriale, costruito a tavolino per incassare con una lungimirante strategia di marketing, ma soprattutto è un film educativo. “Medici è un moralista, come tutti i grandi comici. Devia dal linguaggio cinematografico convenzionale, quello della fiction della tv generalista, alla commedia media italiana nel tentativo di instillare nell’inconscio dello spettatore un’opzione alternativa”.

Il richiamo alla commedia all’italiana

 Il film nella sua vocazione pedagogica richiama la tradizione della commedia all’italiana e quell’atteggiamento di critica sociale che ricrea l’atmosfera in cui si assisteva alla rappresentazione plastica dell’evoluzione della società italiana, realistica e spesso spietata, ma che tempera gli effetti repulsivi o depressivi con il sorriso. Secondo l’esperto “non è infatti un caso se lo sceneggiatore del film è Paolo Virzì che sembra voler fare un sunto di quello che il genere della commedia all’italiana è stato e che si vorrebbe ritornasse ad essere: quella commedia degli anni ’70 del post boom che racconta un’Italia tormentata e una società percorsa da tensioni sociali e politiche di vario genere”.

Il giudizio sulla società

Il film avanza una pessimistica ricostruzione dell’antropologia dell’italiano con frecciatine a destra e a sinistra, dalle gag ricorrenti sul razzismo ai tratti grotteschi in alcuni riti radical-chic, ma il giudizio riguarda anche gli italiani e gli stranieri, dalla spietata descrizione della famiglia di Zalone al compaesano ignorante che, senza alcuna competenza, diventa Presidente della Commissione Europea, dall’africano traditore al francese egoista. Non si può quindi sostenere che il film non sostenga una posizione chiara: la storia è quella di un borghese wannabe qualunquista che fugge dalle proprie responsabilità. È un uomo rozzo, volgare e individualista che nel corso del film non cambia. Non ha consapevolezza di classe, non fa gruppo, non è rivoluzionario e quando rientra in Italia non è migliorato nella sua coscienza politica. È solo divenuto più sensibile alle sorti del bambino che lo accompagna, perché spinto da sentimenti di riconoscenza e affetto individuale nei confronti del piccolo. Il film è quindi più pessimista di Quo vado dove una reale evoluzione del personaggio e una compartecipazione a un progetto di miglioramento sociale collettivo sussisteva.

Il buon senso

Tuttavia, conclude il Prof. Giordano, “la posizione di Zalone/Medici emerge con nettezza: un socialismo utopistico o umanitario, dove il messaggio di solidarietà e il ritorno ai valori umani sono latenti. Nel film c’è una scelta fra il bene e il male: in maniera forse semplicistica il bene è rappresentato dai valori del socialismo umanitario evangelico-solidaristico, con qualche tocco di cattolicesimo democratico. Zalone si schiera con ciò che ritiene essere il buon senso e i valori condivisi che cerca di trasmettere ad un pubblico diffuso che trova legittimo trasalire quando c’è un riferimento al rigurgito di fascismo… e non è poco”.