Fabio Mian, laureato in Scienze Motorie presso l’Università Telematica San Raffaele Roma, è il giocatore di basket membro della Nazionale Italiana, considerato uno dei migliori talenti dell'annata '92. La passione per il basket, nata un po’ per caso e per divertimento, gli apre le porte nel 2008 al Jordan Brand Classic International Game, il torneo giovanile organizzato da Michael Jordan, consacrando la sua carriera da atleta di serie A.

 

Cosa significa vivere di sport?
“La ritengo una fortuna: poter coniugare passione e lavoro non è un'opportunità che capita a tutti. Ritengo non si possa semplificare il concetto di sport assimilandolo ad una ripetizione di gesti tecnici oppure ad una competizione tra squadre, è qualcosa di più grande e complesso: lo sport è un mezzo che ci aiuta ad elevare la nostra qualità della vita e può essere utilizzato in molteplici maniere”.

A soli 17 anni la carriera da professionista: un viaggio tra sacrifici e soddisfazioni. Come è stato?
“Fortunatamente sono entrato molto presto nel mondo del professionismo, anche se in punta di piedi, ed è stato magnifico poter vivere da dentro tutto ciò che fino a quel momento avevo solo immaginato o visto in televisione. Sono arrivato a Varese in Serie A a 17 anni e nella mia testa balenava il pensiero (a posteriori era un sogno irrealizzabile) che da lì non mi sarei mai più mosso. Era evidente che non avevo assimilato tutte le sfaccettature del mondo sportivo professionistico. Quindi dopo due anni nella massima serie a Varese è iniziata la mia gavetta durata tre anni: il primo in serie B a Bari e gli altri due tra B e A2 ad Agrigento, al termine dei quali sono riuscito a conquistarmi la (ri)chiamata in Serie A a Cremona dove sono stato tre anni per poi andare a Pistoia e successivamente per due anni a Trento, per disputare anche l'Eurocup, fino a ritornare poi a Cremona”.

Quali sono stati i traguardi più emozionanti?
“Il più bel ricordo è sicuramente quando nel 2008 sono stato selezionato per il Jordan Brand Classic e prima di scendere in campo al Madison Square Garden, ho avuto il privilegio di poter stringere la mano a Michael Jordan, che era venuto a salutarci nella sala stampa.
Il ricordo invece che mi ha più inorgoglito è l'esordio con la maglia della nazionale, allenata da Ettore Messina, nell'estate 2016 al Torneo di Trento durante la preparazione per il Pre Olimpico di Torino, in vista delle Olimpiadi di Rio 2016. La prima partita, giocata contro la Repubblica Ceca è stata sicuramente quella più emozionante”.

E poi i successi accademici: quanto è importante per uno sportivo studiare?
“L'idea di non continuare gli studi una volta finito il liceo scientifico mi ha sicuramente rallentato nell'intraprendere il percorso universitario e se potessi tornare indietro non butterei via tutto quel tempo. Sono convinto che continuare il percorso di studi, a maggior ragione per uno sportivo, è molto importante. Nel mio caso la volontà di studiare ciò che poi faccio nella pratica era ed è molto forte: è fondamentale capire il perché, ad esempio, una determinata programmazione degli allenamenti sia giusta o meno. C'è poi chiaramente l'aspetto pratico: la carriera di un giocatore di pallacanestro finisce mediamente attorno ai 35/36 anni. E allora mi sono chiesto: perché non cercare di conquistare un posto nel mondo dello sport per il post carriera da atleta e poter vivere ancora della propria passione?”

E per rincorrere questa passione la scelta è ricaduta sull’Università Telematica San Raffaele Roma, perché?
“Non potendo presenziare alle lezioni dati gli allenamenti, ho cercato un'università telematica che potesse fare al caso mio. Ho iniziato ad informarmi e un amico di famiglia, professore di educazione fisica, mi ha consigliato vivamente l’Università Telematica San Raffaele Roma e questo percorso accademico. Sicuramente un’ottima scelta”.

Infine una tesi sulle “Strategie di recovery post esercizio” e una laurea virtuale. Come è andata?
“Ovviamente non potevo immaginare che il giorno della mia laurea sarei stato in casa davanti ad un computer, però ciò non toglie il valore di ciò che ho conseguito, cambia semplicemente la modalità. Ma spero di rifarmi perché non voglio fermarmi qui: guardo già alla laurea magistrale. Voglio ampliare il mio bagaglio e poter aprire più porte per il futuro sportivo non da atleta”.