Oggi la pizza, una delle eccellenze italiane, viene celebrata negli Stati Uniti con il “Pizza Party Day”, la giornata nazionale dedicata al prodotto alimentare più conosciuto e apprezzato al mondo. Abbiamo chiesto al prof. Alex Revelli Sorini, docente di Gastronomia dell’Università Telematica San Raffaele Roma, come mai ogni anno, oltreoceano, il terzo venerdì di maggio diventa una squisita occasione per sedersi a tavola e gustare uno dei piatti simbolo del nostro Paese.

Qual è il segreto della pizza e come fa a piacere così tanto a tutti?

“È un prodotto vincente perché è facile da cucinare e i suoi prodotti si trovano ovunque. Gli ingredienti basilari della pizza infatti sono presenti, a livello antropologico, in tutti i paesi del mondo. La combinazione tra la facilità di preparazione e la vastità di scelta dei suoi elementi la rendono accessibile a tutti”.

Attribuiamo le origini della pizza al pomodoro al popolo partenopeo, ma quando nasce?

“La pizza bianca ha origini ancora più antiche: già Omero citava infatti le “mense”, ossia pezzi di focaccia bianca utilizzati per adagiare la carne e che accompagnavano il pasto. I partenopei nel XVI secolo l’hanno abbinata alla salsa di pomodoro creando la poesia culinaria che oggi spopola in tutto il mondo”.

E come arriva negli Stati Uniti?

“Circa nove milioni di italiani, tra il 1861 e la seconda guerra mondiale, lasciarono l’Italia in cerca di fortuna. Meta prediletta di tanti connazionali furono proprio gli Stati Uniti. Queste persone oltre alla speranza e alla buona volontà portarono con sé le abitudini  alimentari di un popolo al tempo molto povero. Oggi la pizza è un alimento arricchito e gourmet che strizza l’occhio alla fasce benestanti, ma in origine nasce proprio come cibo del popolo: economico, facile da preparare e comodo da gustare anche in piedi chiuso “a portafoglio”.

Gli americani sono celebri però per i particolari accostamenti culinari con cui declinano la pizza. Come mai?

“Ogni prodotto alimentare si adeguata alla propria latitudine, trasformandosi in base alla disponibilità e al pensiero culturale del luogo in cui si consuma. Il cibo,  in quanto mediatore culturale, viene così personalizzato da ogni popolo in base alle preferenze culinarie e culturali”.

Al di là di come si scelga di gustarla, la pizza è social. Il  “Pizza party day” è infatti una festa che nasce spontaneamente anni fa sui social network e su di essi spesso si consuma. La condivisione non è più solo attorno ad un tavolo, ma si fa digitale attraverso uno scatto filante e un paio di hashtag. Cosa implica questo?

“Il cibo è esperienza e va mangiato. I social amplificano il piacere visivo del cibo, ma ne sviliscono quello esperienziale. La mera condivisione visiva filtra e devia il suo valore intrinseco. Quindi sì allo scatto per i più fervidi #pizzalovers, ma associato sempre  ad una reale e allegra convivialità”.